Un giorno, verso i dieci anni, ero a casa e avevo una sete terribile. Dalla stanza da letto andai in cucina per bere e… Guarda che ti vedo sul ripiano del lavello? Una splendida bottiglia d’acqua.
Avrei dovuto insospettirmi perché a casa non si beveva acqua in bottiglia, ma la marca era proprio quella di una famosissima acqua minerale italiana.
Quindi con grande scioltezza la presi, svitai il tappo, e diedi una bella sorsata.
Quello che la mia bocca accolse era tutto tranne che acqua, era un liquido dal sapore amaro e secco, come di mandorle andate a male. Iniziai a sputare e a tossire per tutta la cucina, e solo dopo qualche istante realizzai di aver dato una sorsata all’acqua distillata che mia madre utilizzava per il ferro da stiro. Lei, da brava massaia con tre figli, l’aveva giustamente mimetizzata in una bottiglia di acqua minerale messa, strategicamente, in cucina.
All’età dei miei sedici anni, A, la mia migliore amica dai tempi della prima media, grazie a una sonora sbronza mi diede un memorabile limone che per lei fu un apostrofo rosa tra le parole etero e fidanzata, mentre per me fu l’inizio del percorso di presa di coscienza della mia bisessualità, che caratterizzò i successivi anni della mia crescita (fu anche il percorso di presa di coscienza che A mi piaceva e della mia lenta decisione di interrompere l’amicizia – ma non posso raccontarvi tutto, mi dispiace).
Gli anni del liceo sono stati i miei anni scolastici preferiti. Finalmente avevo potuto fare una scelta rispetto a quello che mi interessava di più studiare, ed essendo una di quelle «intelligenti ma che si applicano solo se la cosa gli interessa», è stato il periodo in cui ho studiato e partecipato più attivamente alla vita scolastica.
Il mio professore preferito era DF, insegnante di filosofia e pedagogia nonché psicologo nella vita privata. Era strano, anticonformista e tendenzialmente strafottente con i professori che mi stavano più sulle ovaie in quel periodo. Insomma, era diventato il mio “insegnante guida”, e anche lui manifestava grande riconoscimento per la mia intelligenza e creatività. Per farvela breve, ci adoravamo!
Per questo, in quegli anni di profonda riflessione interna e privata rispetto al mio orientamento, alla fine sentii di poter andare proprio da lui a cercare delle risposte ad alcuni dubbi.
E qui, scusatemi, ma devo fare ancora due piccole digressioni: la prima è che tra le domande che più mi facevo in quel periodo c’era capire chi o cosa diavolo mi piacesse.
Questo perché, grazie alla grande educazione sessuale ricevuta in Abruzzo negli anni novanta sugli orientamenti sessuali, l’offerta era decisamente binaria: o sei etero o sei gay. Punto.
Da povera bisessuale capirete che oscillavo dal “sono lesbica” al “no, sono etero” a seconda della persona che mi piaceva in quel periodo.
Nei momenti in cui pensavo di collocarmi nella casella ‘Lesbica’, partivo quindi con delle riflessioni socioculturali e/o pratiche perché ero decisamente priva di riferimenti e modelli (a parte quello di stare lontana dalle poiane).
Ed è proprio a una di queste riflessioni che si collega la seconda digressione. Io non so dirvi perché, ma sin da bambina c’era una sola cosa che davvero sapevo sul mio futuro: avrei avuto dei figli. Pensiero etero normato, banale ma onesto.
Tornando alla mia storia principale, sto per raccontarvi del giorno in cui, a diciassette anni, presi coraggio e con il cuore in gola feci una domanda in classe al mio professore preferito riguardo a come la vedessero la psicologia e la pedagogia rispetto alla crescita di un minore in un nucleo di due persone dello stesso sesso.
Lui ci rifletté qualche secondo e poi mi disse che sarebbe stata una famiglia carente e che ci sarebbe stato bisogno di un grande sforzo e lavoro per inserire nella famiglia figure importanti anche del sesso mancante nella coppia… Insomma, proprio meglio di no.
L’acqua distillata di cui vi ho raccontato all’inizio ha un sapore davvero disgustoso e ritrovarsi quel sapore orribile mentre ci si aspetta dell’acqua fresca è davvero una delle delusioni più grosse da vivere. Credo che non ci sia nella mia esperienza di vita fino a oggi un paragone migliore rispetto a quello che ho provato quel giorno nel sentire quella risposta.
Eppure la presi e la inghiottii. Quando non sai bene chi sei, arrivi quasi a non essere certa di quello che senti, anche se ti stanno facendo bere dell’acqua distillata al posto dell’acqua minerale. Hai sete, ti fidi e bevi.
L’acqua distillata, Google insegna, se la si assume quotidianamente non ha un’immediata azione negativa sulla salute. Ma con il passare dei giorni e delle settimane, non essendoci sali minerali, può corrodere le pareti di un recipiente non adatto, arricchendosi di ioni non salutari per il corpo umano.
Ecco, ricevere una risposta come quella del mio professore ha davvero lo stesso effetto. Fortunatamente ne ho avute davvero poche altre, a scuola. Anzi, negli anni sono stata grata di aver proseguito negli studi così da scoprire che quella era solo un’opinione del mio professore e che i dati scientifici dicevano esattamente il contrario di quello che mi disse lui quel giorno.
Ma il fatto che io mi ricordi in maniera così nitida quel momento – la consistenza del mio banco, il suo sguardo leggero e quasi divertito, la stretta provata allo stomaco – mi fa intuire che quella sorsata di ignoranza omofobica l’ho davvero mandata giù quel giorno.
Non so valutarne appieno i danni o le conseguenze: quel che rimane è un piccolo doloroso ricordo di qualcosa di amaro, spiacevole ed estremamente deludente, che provai un giorno, a scuola, a diciassette anni.