- Racconto -

Alessia

Avevamo 12 anni. Eravamo compagne di classe, ma non ci eravamo ancora mai parlate davvero. Solo qualche scambio veloce di battute, qualche palleggio durante le ore di Educazione fisica, qualche suggerimento per i compiti da fare a casa.

Lei era la grande amica di Alessandra. Alessia dipendeva molto da lei ed era per questo che socializzava poco con il resto della classe. Invece Alessandra si prendeva più libertà e vagava tra i banchi in cerca di compagnia.
Io ero taciturna, silenziosa, a disagio. Mi guardavo in giro con circospezione. Avevo paura a mostrarmi, ad aprirmi. Ero gentile con tutti, ma molto chiusa, per niente espansiva. In generale, le mie compagne di classe si avvicinavano per avere qualche consiglio, perché mi consideravano saggia e seria. Nessuna di loro voleva in realtà ridere con me.
Una mattina Alessia mi corse incontro, piangendo. Per un inspiegabile motivo, Alessandra aveva dichiarato di non voler essere più sua amica. La portai in bagno. Raccolsi le sue lacrime. La consolai.
Mi aspettavo che questa nube tempestosa sarebbe passata in fretta, che Alessandra sarebbe tornata, che Alessia sarebbe tornata da lei. Chi mai voleva davvero la mia compagnia?
Alessia e io cominciammo a legare. Ridevamo molto. Condividavamo ogni più intimo segreto. Andavo spesso a casa sua per studiare, per giocare alla Play Station (che io non possedevo). Ci sdraiavamo sul suo letto a una piazza e mezzo e parlavamo dei nostri compagni di classe. Lei era innamorata di Matteo. Pazzamente innamorata. Me ne parlava in continuazione. Ma sapevamo che lui non ricambiava e per Alessia rimaneva un amore platonico di cui chiacchierare con me.
Alessandra tornò, come avevo immaginato. Il mio cuore batteva all’impazzata. Pensavo che avrei perso la mia prima vera amica per sempre. Le guardavo parlare da lontano. Sentivo il cuore rimbombarmi nella gola. Mi stava venendo da piangere, quando vidi la testa di Alessandra abbassarsi e Alessia venire verso di me, sorridente: «Le ho detto che un’amica vera non mi avrebbe mai trattata così. L’ho capito grazie a te.» mi disse, stringendomi la mano. Sentivo il viso in fiamme, la mano tremarmi. L’abbracciai forte. Saremmo state una sola cosa, io e lei. Una sola cosa per sempre. Da quel giorno diventammo davvero inseparabili. Eravamo in simbiosi. Nessuna si muoveva senza l’altra. Alessia era Alessia.
Poi qualcosa ci divise. Cominciarono a insinuarsi persone tra di noi, piccole briciole di discordia nel nostro percorso verso la felicità eterna. Alessia permise ad Alessandra di entrare nel nostro nucleo. Non sopportavo di dividerla con nessun’altra e spesso ero di cattivo umore. Matteo iniziò a corteggiarmi e Alessia si sfogava con Alessandra perché dava la colpa a me: secondo entrambe io stavo alimentando il suo interesse. Eravamo sempre due, ma non più esclusive. Alessia stava iniziando a uscire con altre compagne di classe, a volerle includere nei nostri giochi. E io volevo che lei fosse solo mia.
Arrivò la gita dell’ultimo anno. Eravamo in terza media e saremmo andate in Austria con tutte le classi della terza. Ci assegnarono una stanza con un letto matrimoniale e due letti singoli. Io presi per mano Alessia e la buttai sul letto. «È nostro!» urlai. Sarebbe stato solo nostro.
La prima sera facemmo l’alba. Resistemmo al sonno solo io, Alessia e Matteo. Eravamo sul balcone della sua stanza a guardare l’alba. Eravamo convinti che il sole sarebbe sorto sopra quel panorama stupendo. C’era un lago e dietro il lago una piccola collina verdissima. Invece il sole sorse dalla parte opposta e noi guardammo il cielo farsi chiaro lentamente. Matteo mi guardò e mi prese la mano. Io la scostai. Alessia prese quella di lui e lui prese la mia. «Amici per sempre.» disse lui. Sapevamo che era una bugia.
Alessia mi evitò tutto il giorno, ma pensavo che fosse per le professoresse, che ci avevano sgridate per il baccano, pensavo che fosse perché la mancanza di sonno ti toglie ogni energia. Mi misi a letto subito dopo cena quella sera, esausta. Alessia si sdraiò accanto a me. Disse piangendo che si era resa conto che a Matteo piaceva un’altra della classe e sperava con tutto il cuore che questa persona non ricambiasse.
Non so cosa avrei voluto dirle, ma il mio cervello cominciò a turbinare veloce, la mia pelle a tremare e mi venne da piangere. Le stavo prendendo il viso tra le mani, la stavo baciando con la lingua, la stavo abbracciando forte.
Il cuore non cambiò ritmo, ma lo stomaco si chiuse di colpo. Alessia era ancora davanti a me, piangente, e io ero lì senza sapere cosa dire. Quel bacio stupendo lo avevo immaginato nella mia testa.
Perché? Cosa mi stava succedendo? Mi sentivo strana. Cosa avrebbero pensato i miei genitori di me? Sarei stata derisa? Sentivo il modo in cui parlavano di queste cose. Mi avevano descritto cos’erano queste donne e io non volevo essere un mostro, volevo essere amata, felice. Normale.
Alessia piangeva e io dovevo scacciarla da me. Perché l’amavo, ma non avevo le parole per dirlo. Non avevo il coraggio per dirlo a me stessa. «È tardi. Ne parliamo domani.» tagliai corto.
Mi guardò con sguardo indagatore. Chissà cosa si era messa in testa. Lasciò la stanza. Non venne a dormire. Dormì con un’altra compagna di classe. Mi ignorò per il resto della gita. Mi ignorò al rientro a scuola. Facemmo gli esami. Partimmo per le vacanze. Piansi lacrime dure come piombo.
Frequentammo due scuole diverse e lei cominciò a uscire con diversi ragazzi. Ci separammo lentamente e sempre di più. Ci trattavamo come conoscenti in buoni rapporti.
A 21 anni, finalmente, ebbi il coraggio di mettermi con una ragazza. Scrissi un messaggio ad Alessia, perché doveva sapere che il mio primo amore era stato lei. Lei mi rispose: «Oh, capisco tante cose, adesso. Sono lusingata. Quando ci vediamo per raccontarci cos’è successo fino a questo momento?»