Quando ho finalmente realizzato di essere innamorata di lei mi sono sentita così felice. Traboccante. Felice come quando non hai bisogno di nient’altro e cammini sospesa dentro a una bolla, galleggi.
Felice come quando tutto il resto non ha importanza: non importa se tua mamma sclera, se c’è il compito di matematica, se sei costretta ad andare a nuoto perchè è uno sport completo. Non importa nemmeno se quando ti guardi allo specchio il tuo corpo non ti piace abbastanza e non riesci ad attraversare la classe con passo sicuro.
Lei esiste e tu la ami. È tutto.
Avevo 16 anni e facevo il liceo. Fino ad allora ero stata abbastanza brava: primo fidanzato ufficiale a 13 anni, a cui ne erano seguiti altri due, forse tre. Ma con i maschi c’era sempre qualcosa che non andava: una sensazione latente di disagio, di prurito, un fastidioso ronzio. Spesso mi sentivo bloccata.
La mia migliore amica Angela mi parlava dell’amore con intensità e trasporto, note che le mie storie non sembravano affatto suonare. Dov’era la passione? Dov’erano gli occhi a cuore, le farfalle nello stomaco? Le volevo provare anche io tutte quelle emozioni.
Per questo innamorarmi di Lucia è stato bellissimo. E’ arrivata lei e tutte le mie domande hanno trovato risposta.
Lucia in realtà era sempre stata lì, due file di banchi davanti a me. Lei stava seduta davanti alla cattedra mentre io avevo scelto l’ultimo banco in fondo, vicino alla finestra. Non eravamo particolarmente amiche, non ricordo quasi nulla del nostro rapporto negli anni precedenti al coming out con me stessa. Ma ricordo perfettamente la prima volta in cui ho immaginato di fare sesso con lei: la cena di classe era appena finita, Lucia e io stavamo camminando per un viale alberato. Benvenute farfalle, addio eterosessualità.
Ho iniziato a parlarne con chiunque. Ero innamorata di questa persona, ma non potevo rivelare chi fosse.
Un giorno la prof di Filosofia mi aveva preso da parte in corridoio: «A un certo punto dovrai dirlo». Punto, silenzio. Suonava come un ordine. Io l’avevo guardata senza capire: l’ho già detto a me stessa, non è sufficiente?
Nessuna di noi aveva le parole per dirlo. Non la giovane lesbica innamorata per la prima volta, non l’insegnante che con il suo sguardo indagatore aveva maldestramente tentato di farmi sentire accolta.