- Racconto -

Indecisa

Quando si doveva spedire un modulo per posta per ordinare da Postal Market, c’era sempre un catalogo in casa. Un classico. È da lì, forse, che tutte le mie fantasie degli anni ’90 sono nate: la genesi del desiderio.

Ma perché guardo solo i reggiseni, come i ragazzi a scuola? Quello che sento nelle mutandine so già di doverlo tenere per me: chi è cresciut* con tante bibbie in casa impara a vergognarsene molto presto. Ma, dei reggiseni, nemmeno alle mie amiche ne posso parlare, che poi penseranno che le guardo nello spogliatoio. Ci prego sopra alla sera, mi passerà.
Il mio fratellino è caduto dalle scale, il balcone era alto. Sono ormai mesi che è tornato dall’ospedale ed è diventato molto pauroso. Non sa più stare da solo a casa, è più dolce, mi viene a trovare a scuola per stare con me nel cortile. I miei hanno paura che il suo carattere sia cambiato per sempre. Mia sorella sta cominciando a chiamarlo frocio perché ha detto una balla alla maestra per paura di andare in gita da solo. I miei dicono che non possiamo chiamarlo frocio, non perché la parola è offensiva ma perché «immagina se poi lo diventasse». Il fratellino è stato aggiunto d’urgenza alle mie preghiere. Dio ti prego, aiutaci.
Ho 15 anni ormai e non prego più. A scuola il mio professore di filosofia organizza dei dibattiti ogni settimana. Dobbiamo trovare argomenti a favore e contro ogni questione, in modo da esercitarci a metterci nei panni altrui. Il professore ci confida che voterebbe a favore del matrimonio per le coppie omosessuali e anche dell’adozione, anche se teme che ci sarà un problema «da qualche parte». Mi dico che per un 60enne negli anni 2000 è già ben oltre la media di apertura mentale degli adulti che mi circondano e poi non ride del mio modo “carino” di parlare dei diritti delle donne e delle persone LGBT+. Quel giorno di aprile 2003, il prof. ci dice che abbiamo tutt* pregiudizi derivanti dall’educazione, dalla cultura, dalla religione e che il dibattito è fatto di argomenti che troviamo per giustificare quei pregiudizi, non il contrario. Forte di questa premessa, lancio come una scommessa alla mia migliore amica: «Giusto, alla fine abbiamo solo ricevuto un’educazione di merda, se io fossi bisessuale, per esempio, non è che cambierebbe qualcosa, cioè, voglio dire, no… ».
«Beh, non lo so, non te lo posso garantire… ».
Segue un silenzio imbarazzante. Lo rompo scherzando, descrivendo ragazze che mi piacciono, “solo così”, ma sono radicalmente diverse da te, non preoccuparti, lo giuro. Ma lei non risponde.
Ho 20 anni. Sono stata in due relazioni serie con ragazzi, meno male che mi piacciono pure. Magari prima era solo una fase, e poi non mi sono mai innamorata di una ragazza. Guardo le ragazze, ma se mi piacciono rimane nella mia testa, dai, non conta. Sono all’università e sono in una relazione stabile, come sempre. Nessun* mi può dire che sono una facile.
Fino a quando mi trascinerò dentro queste regole di moralità contro le quali provo a lottare così sonoramente? Dopo il corso di Linguistica, a pranzo, ci ritroviamo sulle scale dell’università, e c’è sempre Laura.
Laura non era una fase.
Non mi sono persa, non sono indecisa, e non mi passerà.