Ero in terza superiore quando mi presi una cotta per una ragazza che frequentava il quarto anno nel mio stesso liceo. Dopo un po’ di tira e molla, ci fidanzammo. Sono un ragazzo trans, ma al tempo non avevo ancora maturato questa consapevolezza, perciò agli occhi esterni apparivamo come una coppia lesbica.
A scuola c’erano varie coppie eterosessuali: le notavo abbracciate davanti alla macchinetta degli snack, baciarsi dietro alla palestra, mano nella mano mentre camminavano in corridoio. Insomma, facevano tutte quelle cose tipiche dei piccioncini alle prime armi coi sentimenti e nessun*, fra docenti e personale Ata, aveva mai mostrato qualche fastidio. Appena la mia fidanzata e io ci avvicinavamo allo stesso modo, però, ecco che per noi arrivava agitata la bidella a dirci che avremmo dovuto incontrarci fuori dalla scuola e che quello non era il contesto adatto per fare «certe cose»; che non ci poteva essere fra noi qualcosa al di là dell’amicizia, che non dovevamo farci vedere insieme da* professor*. Un giorno, le nostre coordinatrici di classe chiamarono me e la mia ex per un incontro.
Il fulcro del discorso? Ci chiedevano – con modi tutt’altro che gentili – di non tenerci per mano in corridoio, perché la Preside era infastidita dal nostro rapporto.
In particolare cercarono di farci sentire in colpa: la nostra, a detta loro, non era una relazione sana. Fecero leva sul fatto che gli e le studenti del primo anno non erano abituat* alle coppie lesbiche: si sarebbero potuti turbare o avrebbero potuto riferirlo ai genitori, che a loro volta si sarebbero infastiditi magari fino a far cambiare scuola a* propri* figli*. Risposi che quell* del primo anno potevano tranquillamente abituarsi alle coppie lesbiche e gay e che non mi sembrava giusto che le coppie etero si tenessero per mano mentre a noi era proibito. Le mie parole furono inutili: la bidella, le due prof e la Preside ascoltavano solo ciò che volevano sentirsi dire. Volevano inquadrarci nella norma eterosessuale, convincerci che in futuro avremmo cambiato gusti, forzare il nostro senso di colpa. Ci ricattarono con la minaccia di future note scolastiche, nonché di sospenderci se ci avessero vist* tenerci per mano… Ma per tutto il tempo sottolinearono quanto fossero dalla nostra parte, quanto tenessero al nostro bene!
Raggiunta una maggiore maturità, oggi sento di potermi complimentare con il me stesso di quel periodo per non aver dato troppa retta alle parole delle prof e per non aver creduto di fare qualcosa di scorretto fidanzandomi con una ragazza.